Totò, una capa tosta

C'è chi lo vorrebbe in panchina, chi sempre in campo, chi gli ultimi
venti minuti, chi il primo tempo, chi lo vorrebbe suggeritore dietro le punte, chi unica punta, chi dice che è un peso perchè non corre, chi dice che non deve correre perchè serve lucido davanti alla porta, chi vorrebbe fargli una statua, chi non lo sopporta proprio, chi dice che va gestito perchè non può giocare due partite di fila, chi finchè sta bene deve giocare, chi lo vuole all'estero, chi altri due anni all'Udinese.

Eppure Antonio Totò Di Natale è l'unico a mettere tutti d'accordo ogni qualvolta segna una rete, e lo fa da ben 208.

Il simbolo dell'Udinese è lui e il fatto che giochi ancora è proprio perchè non è stato trovato un sostituto all'altezza, che sia un metro e sessantotto o un metro e novanta, o che abbia la sua vena realizzativa.

Nei momenti critici ci si affida sempre a lui, e sfido chiunque, nell'ultima partita casalinga contro il Genoa, a non aver pensato “ speriamo segni Totò “.

E così è stato. Con un taglio in testa che gli procurerà 25 punti di sutura ed una fasciatura stile turbante, dopo l'assist di Felipe ed un primo controllo difettoso di coscia, ecco la zampata del bomber, del fuoriclasse che sente la porta e più lesto di tutti la mette dentro.

Da anni tecnici, preparatori, commentatori, tifosi, dibattono sull'utilizzo di Di Natale, ma lui non si scompone, non fa una piega, ma soprattutto non molla.

L'attaccamento alla maglia, la consapevolezza di essere utile a questa squadra, la voglia e la determinazione di battere nuovi record e raggiungere nuovi traguardi, per dimostrare ancora una volta che aveva ragione lui.
Capa tosta


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